giovedì 28 agosto 2008

LEZIONE N.4 - CHE COSA SONO LA FEDE E L'AUTOSTIMA

LA FEDE
« Tutto ciò che ho veduto mi induce a confidare nel Creatore per tutto ciò che non ho veduto. »
(Ralph Waldo Emerson)

L’estensore della Lettera agli ebrei ha scritto che
« La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono. »

LA FEDE E'
  • ll credere fermamente in qualcosa o qualcuno.
  • L'insieme delle cose in cui si crede.
  • La parola fede è propriamente intesa come il credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell'esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni.

LA FEDE RELIGIOSA
Anche soltanto in ambito religioso la parola "fede" ha molti significati. A volte sta ad indicare la lealtà nei confronti della propria religione (è in questi termini che si parla, ad esempio, di "fede cattolica"). In alcune religioni, la fede è costituita dal fatto che certe asserzioni vengono ritenute vere; in altre religioni, che non sono basate su un certo “credo” codificato, la fede consiste nella lealtà nei confronti della propria comunità religiosa.

Altre volte si intende per fede un certo modo di relazionarsi a Dio (e di assumere reciprocamente degli impegni, come nel caso dell’ebraismo). In questo caso, "fede" diventa sinonimo di "fedeltà".

Raimon Panikkar per “fede” intende la capacità di aprirsi all’ulteriorità, a qualcosa di più, di oltre; si tratta di una capacità che non ci viene data né dai sensi né dall’intelletto


SECONDO IL NUOVO TESTAMENTO
Il significato principale della parola "fede" (traduzione dal greco πιστις, pi´stis), si riferisce a colui che ha fiducia, che confida, che si affida, la cui persuasione è salda. La parola greca può anche essere intesa nel senso di “fedeltà”.


FEDE COME DIVINITA’
Fede (latino: Fides) è la personificazione romana della lealtà.

Il concetto di fides (come fedeltà, lealtà), e quindi la sua personificazione divina, voleva consacrare anche con un atto religioso la fedeltà del cittadino all'ordinamento dello Stato Romano.



AUTOSTIMA
L'autostima è l'azione di valutare sé stessi come insieme di determinate caratteristiche, nonché il giudizio risultante da questa valutazione, che viene fatta sulla base di criteri ottenuti dal confronto delle proprie caratteristiche con quelle di altri soggetti.
L'autostima è il rapporto tra come siamo e invece come vorremmo essere.

mercoledì 27 agosto 2008

LEZIONE N.3 - CHE COS'E' LA PAURA

« Non ha imparato la lezione della vita chi non vince una paura ogni giorno. »
(Ralph Waldo Emerson)

«L’emozione umana più vecchia e più forte è la PAURA, e la paura più forte ed antica è la paura di ciò che non si conosce “The Unknow”»
(Howard Phillips Lovecraft)

«John Locke parla di paura:"uneasiness", come disagio, che per Locke è uneasiness of the mind

PAURA: DEFINIZIONE INGLESE E ITALIANA
La sequenza proposta dalla definizione di paura del dizionario inglese è apprehension, fear, dread, fright, terror, ovvero: apprensione/inquietudine/ trepidazione, paura, sgomento, spavento, terrore.
All'area semantica di paura appartengono anche i termini timore, trepidazione, ansia, allarme, panico, orrore, fobia, ribrezzo.
Sinonimi di pauroso (che suscita paura) sono: terribile, orribile, spaventoso, terrificante.

Definizione di Paura di due diversi dizionari:
PAURA , s.f. Stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo.(Devoto-Oli)
PAURA , s.f. Intenso turbamento misto a preoccupazione ed inquietudine per qualcosa di reale o di immaginario che è o sembra atto a produrre gravi danni, o a costituire un pericolo attuale o futuro. (Zingarelli)

La paura è una intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo, reale o supposto. È una delle emozioni primarie, comune sia alla specie umana, sia a molte specie animali.
La paura è un'emozione governata prevalentemente dall'istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza dell'individuo ad una presunta situazione di pericolo; si scatena ogniqualvolta si presenti un possibile rischio per la propria incolumità.
La paura è un'emozione che coinvolge l'organismo nella sua globalità e viene attivata da una particolare situazione stimolo circoscritta.
Questa situazione di paura porta, da un lato a stati di tensione somatica ed agitazione (aumento del ritmo cardiaco, sudorazione, piloerezione etc.), dall'altro a difficoltà propriamente psicologiche quali una disorganizzazione cognitiva emotiva, come ad esempio il ricordare eventi del passato, o difficoltà a collegare pensieri ed idee.
Riguarda anche comportamenti motori in quanto la prima reazione è quella della fuga.


Principali reazioni istintive alla paura possono essere:
* intensificazione delle funzioni fisico/cognitive e innalzamento del livello di attenzione
* difficoltà di concentrazione
* fuga
* protezione istintiva del proprio corpo (cuore, viso, organi genitali)
* ricerca di aiuto (sia articolato nel gridare la parola "aiuto", sia racchiuso in una semplice vocale gridata)

La paura è talvolta causa di alcuni fenomeni di modifica comportamentale permanenti, identificati come sindromi ansiose: ciò accade quando la paura non è più scatenata dalla percezione di un reale pericolo, bensì dal timore che si possano verificare situazioni, apparentemente normalissime, ma che sono vissute dal soggetto con profondo disagio. In questo senso, la paura perde la sua funzione primaria, legata alla naturale conservazione della specie, e diventa invece l'espressione di uno stato mentale.
E' utile una distinzione tra paura ed ansia che vengono generalmente distinte in base al tipo di stimoli che sono in grado di provocare.
Mentre la paura viene provocata da una situazione ben definita, esempio "un cane ringhioso che insegue una persona", l'ansia è una sensazione sgradevole crescente senza un'apparente e definita situazione stimolo (ci si può trovare in una situazione in cui particolari cose, oggetti, odori, frasi, suoni ecc., che colpiscono sotto il livello cosciente delle percezioni, provocano uno stato di tensione).

martedì 26 agosto 2008

LEZIONE N.2 - CHE COS'E' LA SOLITUDINE?

Definizione di solitudine
Etimologicamente il termine solitudine rimanda alla parola “separare” composta da “se” e “parare”. La prima indica “divisone”, la seconda “parto”. Il termine solitudine rimanda alla separazione del nascituro dalla madre con la conseguente perdita di uno stato particolare. La stessa parola solitudine rammenta all’uomo la perdita che ha vissuto, in quanto ne rappresenta l’evento avvenuto. Nessuno può negare che sia un’autentica esperienza di vita vissuta.
L’uomo, oggi come ieri, è solo, con gli anni ha imparato a convivere con la solitudine, ma a quale sacrificio?
La solitudine, nonostante offra all’uomo innumerevoli opportunità per maturare e divenire un soggetto autonomo, è spesso ricettacolo di valenze negative. È una condizione spiacevole, a volte spaventevole, che spesso diventa un nemico da fuggire a qualsiasi costo.
Tutto ciò visto come il risultato di un vivere caotico aggravato anche dall’eredità biblica, conseguenza delle azioni peccaminose compiute dall’individuo: perfino Adamo ed Eva perdono il paradiso celeste e sono condannati ad una vita di sofferenze e di dolore. Il dolore della perdita, della separazione.


Alcuni aspetti della solitudine
La solitudine presenta moltissime sfaccettature: ve ne sono di forzate, in genere imposte dalle circostanze della vita, quali la prigionia, gli handicap e la malattia, l’isolamento percettivo o l’abbandono di una persona cara.
Vi sono poi solitudini volute e ricercate. Quelle del creativo, dell’asceta o di chi, nella quotidianità, sente il bisogno di ricercare un momento suo, per recuperare le energie disperse nel mondo, per ritrovare quella parte soffocata dall’affanno della vita, quando, invece, non è altro che una fuga dalle situazioni che non riesce a gestire.
Vi sono ancora solitudini imposte dalla società. I mezzi di comunicazione, i mass-media, gli slogan pubblicitari che invitano ad isolarsi, a distinguersi esprimendo modi di vita “unici” che accentuando l’individualismo.


Gestire la solitudine
Le reazioni sono le più disparate e a volte le più paradossali. L’uomo nel tentativo, perenne, di placare l’immagine della solitudine che si porta addosso come una seconda pelle, si procura le sofferenze e le gioie della vita. Sarà poi la sua natura profonda, o il terreno psicobiologico, a far pendere la bilancia da una parte piuttosto che dall’altra.
La solitudine contiene sia la depressione sia la reazione, sia la fuga sia la ricerca e quando l’uomo riesce a contrapporre la disperazione della vita alla speranza le opere che realizza sono geniali.
La solitudine non essendo solo disperazione è speranza e forza, conquistata nel riconoscimento di una propria individualità. Esiste dunque una felicità nella solitudine.


La solitudine voluta
Si parla molto del desiderio e della paura della solitudine, poco della capacità d’essere soli. Durante il nostro sviluppo psicofisico, se non abbiamo subito dei traumi gravi, dall’infanzia ad oggi, abbiamo sperimentato, magari gradualmente, un essere soli anche in presenza dell’altro. La fiducia, costruita dentro di noi negli anni della crescita, ci ha permesso di controllare la solitudine di riconoscere i sentimenti che animano la parte profonda della nostra mente e di esprimerli.
La solitudine diviene, così, condizione privilegiata e da ricercarsi per aiutare l’individuo ad integrare i pensieri interni con i sentimenti. La meditazione, la preghiera e, a livello inconscio, il sonno operano questa trasformazione. Costruire un momento di solitudine e di silenzio aiuta la persona a ritrovare se stesso nell’oceano della vita. L’anelito di questo momento permette l’abbandono a qualcosa o qualcuno sopra di lui, in grado di dare significato alla vita, alle emozioni quotidiane ed al silenzio ricercato.

lunedì 25 agosto 2008

LEZIONE N.1 - CHE COS'E' IL DOLORE?

Definizione e terminologia
Secondo la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain - 1986) e secondo l' associazione dell'O.M.S. Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
Esso non può essere descritto meramente come un fenomeno sensoriale, bensì deve essere visto come la composizione:

* di una parte percettiva
* di una parte esperienziale (quindi del tutto privata, la vera e propria esperienza del dolore) che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole.

L'esperienza del dolore è quindi determinata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali.

* Il dolore è fisiologico, un sintomo vitale/esistenziale, un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d’allarme per una lesione tissutale, essenziale per evitare un danno.
* Diventa patologico quando si automantiene, perdendo il significato iniziale e diventando a sua volta una malattia (sindrome dolorosa)


Il dolore può risultare pungente, tirante, bruciante, pruriginoso, a sbarra, compressivo ... Il fatto che sia una esperienza personale implica un valore soggettivo che non è facilmente quantificabile, In altre parole è assai difficile misurare e valutare un dolore nella sua completezza.

Solitamente crea disagio fisico e psichico e compassione (o gioia maligna) sociale.
Dal punto di vista della durata temporale, il dolore è classificabile come:

1. Transitorio
2. Acuto
3. Recidivo
4. Persistente
5. È "cronico" il dolore associato a profonde modificazioni della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dall'azione dei nocicettori.

Il dolore inoltre può avere due accezioni: utile e non utile; diventa utile quando esso rappresenta un campanello d'allarme e ci fa capire che siamo di fronte a un potenziale problema più o meno grave. Tutti i dolori che non fanno le veci di un campanello d'allarme sono inutili e devono essere soppressi; tali dolori sono rappresentati da tutti i tipi di dolore cronici, d qualunque natura essi siano, sia benigni che maligni.


Il dolore come riflessione della condizione umana
Il dolore può essere visto come riflessione della condizione umana, vista nel continuo oscillare tra dolore e noia, angoscia e disperazione, e l'analisi delle possibili vie di liberazione da tale situazione di sofferenza.


Dolore
Legge di riscatto per l'uomo derivante dalla coscienza dell'errore compiuto. Dal dolore fisico a quello animico e successivamente da quello alla ricerca del dolore altrui per farlo proprio. Manifestazione nel tempo della Legge di Amore.

domenica 24 agosto 2008

QUEL POSTO CHE NON C'E'

Occhi dentro occhi e prova a dirmi se
un po' mi riconosci o in fondo un'altra c'è sulla faccia mia
che non pensi possa assomigliarmi un po'

mani dentro mani e prova a stringere
tutto quello che non trovi
negli altri ma in me
quasi per magia
sembra riaffiorare tra le dita mie

potessi trattenere il fiato prima di parlare
avessi le parole quelle giuste per poterti raccontare
qualcosa che di me poi non somigli a te

potessi trattenere il fiato prima di pensare
avessi le paorle quelle grandi
per poterti circondare
e quello che di me
bellezza in fondo poi non è

bocca dentro bocca e non chiederti perchè
tutto poi ritorna
in quel posto che non c'è dove per magia
tu respiri dalla stessa pancia mia...

domenica 3 agosto 2008

LO SCOPRIREMO SOLO VIVENDO

COME SI FA, COME SI FA??? IO NON LO SO PIU', VERAMENTE!
GETTO LA SPUGNA CAZZO!!! SONO STANCA, CIAO RAGAZZI.